Il 2025 segna una ricorrenza importante per la Comunità Papa Giovanni XXIII: 50 anni fa, nel 1975, iniziava ufficialmente il cammino dell’obiezione di coscienza al servizio militare, un percorso di nonviolenza e impegno sociale e vocazionale che oggi continua nelle periferie del mondo, a fianco di vittime di ingiustizia e violenza. Dichiararsi obiettore oggi però, può ancora significare perdere la libertà.
È ciò che sta accadendo in Ucraina, dove la guerra in corso non lascia spazio a scelte diverse dall’arruolamento. Chi si rifiuta di impugnare le armi, come Oleksandr, giovane pastore evangelico di Kherson, rischia pesanti condanne.
Oleksandr, ragazzo di quasi 30 anni, vive sul fronte meridionale della guerra russo-ucraina iniziata nel 2022. È stato ordinato sacerdote da qualche anno nella chiesa della sua comunità religiosa guidata dal pastore capo e sua moglie. Dal 2023 al loro fianco è presente anche Operazione Colomba, il Corpo Civile e Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, che vive e condivide con la comunità ucraina la quotidianità di una guerra che distrugge, uccide, devasta vite, ma che alimenta anche il desiderio di ricostruire e rimanere per creare un futuro, nonostante missili e droni continuino a mietere vittime.
Nel gennaio di quest’anno, mentre accompagnava degli adolescenti di Kherson in un viaggio per permettere loro di avere momenti di svago e normalità fuori dal contesto di bombardamenti incessanti, Oleksandr è stato fermato dagli agenti di reclutamento ad un posto di blocco e portato con la forza al centro TZK e SP (Centro Territoriale di Reclutamento e Supporto Sociale). Una volta lì, gli è stata estorta una firma con la scusa di firmare un documento medico e gli è stata assegnata una posizione militare che contraddice le sue convinzioni, il tutto senza il suo consenso. Infatti, il credo dei cristiani evangelici, a cui lui appartiene, si dichiara espressamente contro l’uso delle armi.
Da quel giorno, Oleksandr è detenuto in un centro di addestramento militare. Sebbene si sia dichiarato obiettore di coscienza, l’esercito considera la sua azione come disobbedienza e lo sta minacciando con una pena da 5 a 10 anni di carcere. Per ora, gli appelli dell’avvocato di Oleksandr si stanno rivelando inutili: anche se l’inganno è evidente, sembra non esserci via d’uscita.
A Kherson i volontari di Operazione Colomba vivono insieme a V., moglie di Oleksandr, sulla ventina, che da diversi mesi è costretta a stare lontana dal marito e a cui solo raramente viene concesso di visitarlo.
La vicenda di Oleksandr riportata anche dalla Radiotelevisione Svizzera (RSI), non è isolata. Diversi casi simili sono stati denunciati dall’Ukrainian Pacifist Movement e dal Bureau Europeo per l’Obiezione di Coscienza (EBCO), che chiedono al governo ucraino di rispettare i diritti degli obiettori. Il loro ultimo rapporto documenta una crescente pressione sui giovani e casi di arruolamento forzato, anche tramite corruzione e intimidazioni.
Attraverso la vicenda di Oleksandr emergono interrogativi profondi: è possibile proteggere i civili e custodire la dignità umana quando sembra vincere solo la logica delle armi?
Per approfondire:
- Podcast “Hai mai amato veramente? Voci dal conflitto in Ucraina”
- RSI: Ucraina, lo spettro degli arruolamenti forzati
- Ukrainian Pacifist Movement: media
- EBCO Report 2024: PDF
- Convegno “INNESCHI – Scintille che generano la pace”, Rimini 12 e 13 dicembre 2025

