La Comunità Papa Giovanni XXIII da oltre vent’anni propone laboratori formativi di educazione alla pace a scuole, insegnanti e gruppi informali, sia adulti che giovani e minori.

Il significato che comunemente viene attribuito alla parola pace è quello di armonia, ordine, di assenza di violenza, a volte di passività. Il conflitto viene così vissuto come qualcosa da evitare, qualcosa di negativo, una minaccia. Sulla scia di rinomati pedagogisti ed esperti dell’educazione alla nonviolenza quali Daniele Novara, Pat Patfoort, i problematicisti, la Comunità Papa Giovanni XXIII propone i laboratori di educazione alla pace non solo come trasmissione di contenuti e sensibilizzazione, bensì come intervento educativo, finalizzato a promuovere la capacità di relazionarsi in modo positivo nei conflitti, valorizzare le differenze, educare al pensiero critico e auto-critico, capace di riconoscere e affrontare i problemi del nostro tempo, di cogliere la complessità della condizione umana e della società globalizzata, formare cittadini attivi, solidali e responsabili, che si adoperino per la tutela e difesa dei diritti e del bene comune e sociale.

La convinzione che l’educazione alla pace parta dalla comprensione del conflitto, e che negarlo avrebbe come conseguenza la riproduzione del conflitto stesso, ci porta ad offrire alcuni spunti per maturare la capacità di gestire i conflitti. Gestire un conflitto non vuol dire risolverlo, ma svilupparne i possibili esiti, trasformandolo in occasione di crescita.

METODOLOGIA

Le strategie didattiche utilizzate nei laboratori che proponiamo puntano al coinvolgimento emotivo e cognitivo, favorendo l’operatività del soggetto partecipante, incoraggiando lo sviluppo di abilità molteplici e sostenendo la riflessione. Per questo motivo tutti i percorsi proposti permettono di raggiungere l’obiettivo trasversale di attivare risorse non sempre conosciute, di liberare espressioni irrigidite, di sperimentare relazioni possibili e situazioni conflittuali in ambiente protetto.

I percorsi proposti prevedono l’utilizzo di metodologie attive, che cercheranno di favorire lo scambio e il confronto tra i partecipanti, siano essi alunni, adulti, giovani o minori, rendendoli protagonisti attivi del percorso. In particolare si utilizzeranno attività di gruppo, simulazioni, role play e tecniche del Teatro dell’Oppresso, adattati in base alle caratteristiche di ciascuna età/gruppo/contesto scolastico e/o lavorativo, attraverso le quali si cercherà di far emergere il bagaglio conoscitivo che ogni partecipante possiede, di riflettere sulle esperienze, di sviluppare una lettura critica della realtà e capace di coglierne la complessità. Il percorso sulla valorizzazione della diversità terminerà con una testimonianza di un ragazzo immigrato accolto dalla Comunità e che racconterà il proprio viaggio e le difficoltà di chi è straniero e vive in Italia.

Le proposte di seguito indicate riguardano in modo specifico la gestione nonviolenta del conflitto e la valorizzazione della diversità. I due percorsi vengono adattati e modulati in termini di tempo e contenuti sulle specifiche esigenze delle singole classi o dei singoli gruppi.

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LABORATORIO FORMATIVO ESPERIENZIALE SULLA GESTIONE NONVIOLENTA DEL CONFLITTO

DESTINATARI
Alunne e alunni delle scuole primarie e secondarie di 1° e 2° grado; insegnanti delle scuole primarie e secondarie; gruppi informali di giovani e adulti.

DURATA
L
a proposta base si compone di 3 incontri di 2 ore ciascuno per un totale di 6 ore. Tuttavia, il numero di incontri può variare a seconda delle richieste e dei bisogni dei partecipanti.

OBIETTIVO
S
timolare nei partecipanti la capacità di relazionarsi in modo positivo con il conflitto indipendentemente dalle soluzioni che esso può avere. Maturare la consapevolezza che gestire un conflitto non vuol dire risolverlo, ma svilupparne i suoi possibili esiti facendolo diventare occasione di crescita. In particolare si cercherà di:

  • sviluppare la conoscenza di sé e degli altri, valorizzando sia le proprie che le altrui risorse;
  • rendere possibile l’accettazione e il rispetto della diversità;
  • creare un clima relazionale positivo e cooperativo all’interno del gruppo;
  • sviluppare la capacità di leggere la realtà come qualcosa di complesso, senza ridurla alle semplificazioni buono/cattivo, nemico/amico…;
  • facilitare l’elaborazione e lo scambio di buone prassi.

Il percorso facilita lo sviluppo di quelle abilità che preparano il terreno per la gestione nonviolenta del conflitto. Solo se queste abilità sono presenti e valorizzate, ci sono i presupposti necessari affinché il conflitto diventi occasione di crescita e cambiamento positivo.

DESCRIZIONE DEL LABORATORIO
A seconda dell’età dei partecipanti vengono proposte diverse attività, accomunate però dalle stesse tappe fondamentali.

  • Valorizzazione di sé e fiducia: vengono proposti giochi ed esercizi di conoscenza e fiducia, che mirano ad aiutare i partecipanti a conoscersi o, se già si conoscono, a sentirsi a proprio agio nell’espressione di sé ed apprezzarsi. Tali esercizi mirano inoltre all’identificazione con l’altro, con il fine di sviluppare capacità di fiducia ed empatia. Si introduce qui alla possibilità di approcciarsi alle situazioni conflittuali in modo meno distruttivo e più disponibile alla ricerca di mediazioni. 
  • Cooperazione: vengono proposte situazioni di tipo cooperativo o competitivo. Cooperare è un modo diverso di affrontare i problemi, in quanto l’abito mentale a cui siamo abituati è il confronto competitivo con l’altro.
  • Decentramento del punto di vista: la capacità di mettersi nei panni dell’altro è fondamentale nelle relazioni interpersonali soprattutto nell’incontro con chi è diverso da noi per mentalità, opinione, cultura, ecc. Vengono proposte attività che stimolino l’allargamento del punto di vista e l’immedesimazione nei panni dell’altro. Si creano così le condizioni per permettere di vivere l’incontro senza pregiudizi, come un’opportunità di arricchimento, aprendo la strada alla mediazione e alla ricerca di soluzioni creative.
  • Rappresentazione del conflitto: attraverso la riproduzione di situazioni conflittuali in un contesto protetto i partecipanti potranno ricercare soluzioni diverse dal classico schema “vincitore-vinto”, anche grazie al confronto e al distacco emotivo e cognitivo dalla realtà conflittuale. La trasposizione del conflitto sul piano simbolico può essere sviluppata soprattutto attraverso i linguaggi espressivi.

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LABORATORIO FORMATIVO ESPERIENZIALE SULL’EDUCAZIONE INTERCULTURALE

DESTINATARI
Alunni delle scuole secondarie di 1° grado (preferibilmente delle classi terze) e delle scuole secondarie di 2° grado (preferibilmente delle classi prime e seconde)

DURATA
3 incontri di 2 ore ciascuno (il numero di incontri può variare a seconda dei bisogni della classe)

OBIETTIVO
p
romuovere tra i giovani una cultura di pace e la capacità di valorizzare le differenze culturali e non, trasformandole da minacce a risorse. In particolare il laboratorio si propone di:

  • conoscere direttamente alcune persone migranti che vivono nel territorio e a partire da questa conoscenza diretta approfondire il fenomeno del traffico di esseri umani;
  • rendere consapevoli dei pregiudizi e degli stereotipi che condizionano il proprio punto di vista;
  • rendere possibile l’accettazione e il rispetto della diversità;
  • favorire il decentramento del punto di vista;
  • sviluppare la conoscenza di sé e degli altri – a partire dai compagni di classe – valorizzando sia le proprie che le altrui risorse;
  • sviluppare la capacità di leggere la realtà come qualcosa di complesso, senza ridurla alle semplificazioni buono/cattivo, nemico/amico…

DESCRIZIONE DEL LABORATORIO
Il laboratorio si articola nelle seguenti tre tappe. 

  • Valorizzazione di sé e degli altri, decentramento del punto di vista: un primo incontro introduttivo, in cui si propongono attività di conoscenza e di valorizzazione di sé e degli altri. Si comincia a decostruire il pregiudizio per cui il nostro punto di vista rappresenta l’unico punto di vista possibile e giusto e si sperimentano invece punti di vista altri dal proprio;
  • Pregiudizi e stereotipi: nel secondo incontro si approfondiscono gli atteggiamenti di intolleranza e i pregiudizi che ciascuno adotta nella quotidianità e si elaborano buone prassi per superarli;
  • Oltre il pregiudizio… la complessità: si propone la testimonianza di un ragazzo immigrato accolto dalla Comunità, che racconta il viaggio dal sud del mondo al nord e le difficoltà di chi è straniero e vive in Italia. Si cerca di allargare lo sguardo sulle responsabilità globali alla base dei flussi migratori e sulle motivazioni profonde.