Sei mesi di Servizio Volontario Europeo a Scutari

volontariato europeo

Scritto da Gaia Galeazzi, volontaria SVE nel progetto “MEET: Multiply education and European Tools” a Scutari, Albania

Quando sono arrivata in Albania ho trovato una paese europeo, non distante dall’Italia o da altri paesi occidentali, ma distante dall’idea che abbiamo noi di Albania. C’è un anima orientale radicata in usi e costumi decisamente suggestivi. A partire dai vestiti tradizionali, rigorosamente neri e rossi come i colori nazionali, dai copricapi e dalle danze, lente e delicate, donne e uomini che si muovono fluenti e sinuosi in questa musica balcanica e struggente di vita.
Ho davanti agli occhi paesaggi mozzafiato con montagne maestose e potenti che si riempiono di neve e colano verso le colline puntinate di case di contadini e greggi di pecore al pascolo, covoni e campi di cavoli.
Qui a Scutari abbiamo il lago più grande dei Balcani, che si estende quieto e cristallino fino in Montenegro ed osservarlo abitato da alberi ed uccelli ti tranquillizza. È bello passeggiarci e fermarsi a mangiare qualcosa con l’acqua come sottofondo musicale.
L’arrivo in casa famiglia è stato sicuramente traumatico, non è stato facile conoscersi e ritagliarsi uno spazio in questa casa alla quale non hai bisogno neppure di pensare che è già tua. Ti ritrovi con decine di sorelle e fratelli che sono esattamente come quelli che hai lasciato a casa e che ami altrettanto. Io adoro la casa famiglia.
La casa famiglia è come una qualsiasi altra casa e una qualsiasi altra famiglia, solo che da noi le pentole sono più grandi e si cucina sempre un po’ di più per chi potrebbe capitare a pranzo o a cena; ci sono i turni in cucina e si lavano, sciacquano e asciugano i piatti insieme.
Amo la casa famiglia perché qui non puoi fare altro che amare ed imparare ad amarti. Vivere con gli altri tira fuori tutto di te, anche ciò che non sapevi e che avresti voluto non sapere, ma abbracci i tuoi limiti e ti ritrovi a sorridere quando ne scopri di nuovi. Un passo in più dentro l’Albania l’ho fatto grazie alla collaborazione con Operazione Colomba. Qui andiamo a trovare le famiglie a casa loro ed è un’emozione vedere i volontari “storici” essere accolti come figli, come fratelli e come amici veri. E così accolgono anche te. Una tazza di caffè e del raki offerto non si rifiutano mai e seduti insieme su vecchi divani semplicemente si parla, ci si conosce, ci si sta vicini, ci si aiuta. Mi sorprende la delicatezza e la grazia con la quale Operazione Colomba fa parte delle vite di queste persone, come una carezza sul viso. Queste famiglie hanno subito perdite e grandi lutti, hanno storie complicate, ferite che rimarranno sempre aperte nel loro cuore e si sente, si vede, a volte mi sembra di poter toccare il dolore, a volte mi sento come un biscotto pucciato nel dolore e sento il bisogno di stringermi più forte, per non perdermi, per non sgretolarmi.
Mi chiedo come fanno queste famiglie ad andare avanti e soprattutto come fanno a perdonare. Quale meravigliosa forza covano dentro di sé per non farsi rubare dalla rabbia, dalla collera o dal desiderio di vendetta. Quando questo accade, quando le famiglie rinunciano alla vendetta per seguire la via del perdono, io vedo davanti ai miei occhi un miracolo. Un miracolo fra uomini. Mi siedo vicino a queste donne stanche e logore che hanno sofferto troppo ma vanno avanti, per i loro figli, per i loro nipoti, per gli uomini che hanno perso o sono in carcere. Sono delle donne meravigliose anche con la fatica addosso, con le mani rovinate dal lavoro, con gli occhi stanchi ma pieni di vita. Quella vita che è tutto, gioia e dolore, amarezza e felicità. Non si può distinguere, loro l’hanno conosciuta tutta. Operazione Colomba condivide con queste famiglie il loro dolore e sta loro a fianco in un cammino che porta al perdono e passo dopo passo alla riconciliazione.