Nelle strade di Santiago

servizio civile estero

Scritto da Eugenia Mazzoleni, volontaria in Servizio Civile a Santiago del Cile nel progetto “Caschi Bianchi Corpo Civile di Pace 2020 – Cile”

Al mio rientro dopo alcuni giorni di assenza a inizio marzo, mi viene riferito che C. era morto il lunedì. La fidanzata lo aveva visto all’improvviso accasciarsi sul marciapiede e non rialzarsi più – un malore – probabilmente il corpo non aveva più retto dopo anni di vita di strada e abuso di sostanze, nonostante la giovane età.

C. lo vedevo ormai abitualmente tre volte alla settimana durante il mio servizio al Comedor nel quartiere di Peñalolen a Santiago, mensa della Comunità Papa Giovanni XXIII dove si distribuisce il pranzo a persone in stato di bisogno dal lunedì al venerdì. Le facce sono un po’ sempre le stesse, si impara a conoscersi, a conoscere ‘l’apodo’, il soprannome. Ogni tanto qualcuno sparisce per un po’ di tempo per poi ricomparire, ogni tanto ci sono delle persone nuove che rimangono solo per poco. C. sicuramente non passava inosservato: dal cancello chiamava a gran voce Placido e Gianni, i responsabili del Comedor, e presentava una certa sicurezza nel muoversi, sicuro e a volte chiassoso. Rispetto ad altri, mi sembrava sempre che avesse una certa familiarità con la mensa. Mentre generalmente scambio qualche chiacchiera con chi arriva a mangiare, con lui non sono mai riuscita a parlare molto, puntava sempre a parlare con Gianni e Placido.

Ricordo che una volta lo vidi al tavolo con il piatto pieno davanti a sé, stava tutto curvo e con gli occhi sbarrati e la bocca socchiusa; poi a fatica si alzò – senza aver toccato nulla – e se ne andò. Aveva evidentemente assunto da poco una dose, di solito qui prendono la pasta base, un sottoprodotto a basso costo della cocaina. Chiesi che cosa si sarebbe dovuto fare nel caso si fosse sentito male, se chiamare l’ambulanza. Sguardi un po’ increduli e un sorriso amaro a mezza bocca hanno accolto la mia domanda, “ma perché tu credi che verrebbero fin qui?A volte una manciata di km divide mondi diversi, o almeno è così a Santiago.

Nel Registro Social anexo Calle, i dati aggiornati al 2021 mostrano che in Cile vivono in strada 16.410 persone, di queste ben il 44,32% si trova nella Regione Metropolitana di Santiago; quasi l’87% ha un’età compresa fra i 18 ed i 59 anni; quasi il 12% ha 60 o più anni; e l’1,2%, che equivale a 212, sono minorenni. Sono numeri in aumento, se consideriamo che nel ‘Catasto’ del 2012 – ormai dieci anni fa –   figuravano 12.255 persone senza fissa dimora. L’aumento dell’immigrazione, in particolare dal Venezuela e Haiti, e la pandemia hanno accelerato ancora di più una situazione che era già drammatica. Ciò è sotto gli occhi di tutti: girando per le strade della capitale, soprattutto al centro, si vedono spesso tende, materassi abbandonati nelle isole stradali, nei parchi, nei balconi dei vecchi palazzi sventrati. Nelle periferie ci sono anche i cosiddetti ‘rucos’, baracche costruite negli angoli della strada con materiali di fortuna, che danno la parvenza di un domicilio. (Vedi foto, fatta a marzo 2022 nella ciclovia nei pressi del Comedor)

Il Ministerio de Desarollo Social y Familia mette in campo due tipologie di misure per risolvere il fenomeno della vita in strada. Offre programmi con obiettivi e durate a lungo termine, come ad esempio il “Programa Calle”: un programma di 24 mesi che affianca la persona senza dimora e la sostiene in un percorso di riabilitazione psicologica e di reinserimento sociale e lavorativo. Oppure c’è il “Programa Familias”, che analogamente appoggia famiglie in condizioni di estrema povertà.  Non ci si può iscrivere per essere parte di questi programmi, bensì si viene selezionati e invitati dopo essersi iscritti ai corrispondenti registri sociali.  Il secondo tipo di azioni governative consiste nel programma “Noche Digna”, che ha l’obiettivo di dare assistenza immediata a chi vive in strada, fornendo servizi che soddisfino le necessità impellenti di cure sanitarie, igiene, alimentazione e alloggio temporaneo. La Comunità Papa Giovanni XXIII ha aperto durante la pandemia un servizio di albergue a Santiago che attualmente è ancora in funzione, un luogo fondamentale soprattutto con l’avvicinarsi della stagione fredda, ma che deve far fronte all’incertezza che comporta il passaggio da un governo all’altro dopo le elezioni.

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