Scritto da Nicolò Segato, Corpo Civile di Pace a Valdivia nel progetto “CORPI CIVILI DI PACE 2022 – LA PROTEZIONE DEI CIVILI NEI CONFLITTI”
La luce del sole esplode tra gli alberi del bosco, si intrufola nei petali di “copihue” che nascono lentamente tra le sfumature di verde e infiammano i prati del campo di un rosso accesso. I raggi del giorno raggiungono il letto del fiume, in costante movimento e trasformazione, l’acqua brilla nel costante gioco di scivolare tra le lisce superfici delle pietre dormienti che costruiscono le autostrade dei torrenti. Ogni elemento si fonde l’uno con l’altro, seguendo accordi ancestrali di una convivenza che perdura nel tempo e accoglie gli spiriti e le energie della natura. Le strisce di bagliore, che scaldano e innondano di vita, entrano timidamente tra i rami intrecciati che costruiscono il tetto della ruka e rendono più visibili le traiettorie del fumo quasi nauseante ricoprendo questo edificio tradizionale mapuche. Il fuoco al centro continua ad ardere imperterrito, dando l’impressione di bruciare da tempi lontani senza aver mai perso l’ossigeno che alimenta la sua vita. Il risultato di questo mistero è una continua cupola di fumo, si sparge in ogni angolo e impregna i tronchi che sorreggono la struttura tra le paglie e i rami custodi dei confini di questo tempio antico. Il corpo lentamente si abitua a questa condizione, a fatica, mentre gli occhi piangono lacrime salate nel tentativo di lubrificarsi e resistere a questa foschia fumosa.
Un lieve venticello mi risveglia dal torpore e mi accarezza dolcemente il viso. Mi trovo sdraiato su un materasso di gomma piuma, a pancia in su mentre fisso il soffitto cercando gli spiragli di cielo che si intravedono tra i grovigli. Il mio corpo nudo e freddo è coperto da un lenzuolo fino alla base del collo, svestito dei miei indumenti respiro un po’ a fatica le esalazioni fumose e provo a centrarmi nel ricostruire il motivo per il quale mi trovo in questa condizione.
Qualche tempo prima ho avuto la possibilità di svolgere una visita dalla Machi Sandra, conosciuta in questo periodo durante il progetto. La figura della machi è uno dei simboli più importanti all’interno dell’organizzazione spirituale e medicinale del mondo mapuche, un ruolo significativo nella religione che si pone come intermediaria tra il wallmapu e il mondo sovrannaturale ricevendo e detenendo poteri utili per governare e manovrare le forze spiritiche presenti nelle comunità.
La potenza spirituale e la forza politica di questa figura persiste nel mondo odierno, mantenendo saldo e accessibile il contatto tra il passato, presente e futuro e innalzandosi a simboli di lotta e resistenza contro ideologie, pensieri e persone che ne vorrebbero l’estinzione o, con accezioni meno brutali, la permanenza come mera questione folkloristica e mitologica.
Anche per questo, nel corso degli ultimi decenni, non tutte le comunità hanno la possibilità di continuare ad usufruire dei benefici di una machi, in alcuni lof (territori mapuche) questa figura è ormai scomparsa o si è lasciata influenzare dalle dinamiche prepotenti di un mondo che non conosce l’importanza degli spiriti ancestrali e del newen (l’energia della terra), e che trasforma queste autorità seguendo codici occidentali, minimizzandone l’importanza.
Diventare machi non è così immediato, tantomeno suscettibile a processi elettivi ai quali siamo abituati noi.