Weichàn – Storie del conflitto Mapuche nel sud del Cile
servizio civile esteroScritto da Giuseppe Santaguida, Casco Bianco in Servizio Civile a Valdivia nel progetto “CASCHI BIANCHI CORPO CIVILE DI PACE 2022 – CILE”
Il Cile è un Paese di 18 milioni di abitanti. Al suo interno vivono 10 minoranze etniche ufficialmente riconosciute dalla Ley Indigena 19.253, ma non dalla Costituzione. Secondo un censimento del 2017, esse rappresentano circa il 12,8% della popolazione. Tra queste, la più numerosa è quella dei Mapuche. Il Wallmapu è il territorio ancestrale di questo popolo, che in passato comprendeva i territori della parte centrale del Cono Sur, attraverso gli attuali stati di Cile e Argentina: dal fiume Limarí, fino all’arcipelago di Chiloé, dalla Provincia di Buenos Aires fino alla Patagonia. Tuttora, in Cile questo territorio corrisponde alla cosiddetta “Macrozona Sur”, che comprende le regioni del Biobío, Araucania, Los Riós e Los Lagos. Questa macroregione è tradizionalmente segnata dal “conflitto mapuche”, un conflitto di lunga data che vede le comunità indigene contrapporsi quotidianamente agli interessi di molte aziende private e allo Stato cileno. Nella loro millenaria storia, i Mapuche hanno dovuto resistere a diversi tentativi di invasione. I primi furono gli Inca, che non riuscirono mai ad espandere il loro impero a sud del fiume Biobío. In seguito, gli Spagnoli cercarono di invadere i territori a sud in cerca di metalli preziosi. Anche in questo caso, i Mapuche opposero una fiera resistenza, tra le più eroiche mai attuate nelle Americhe, costringendo gli invasori europei a rivedere le loro pretese. Raggiunta la sua indipendenza, la Repubblica del Cile decise di mettere fine una volta per tutte alle aspirazioni di libertà di questo popolo, attraverso una campagna militare che verrà definita “Pacificazione dell’Araucania”. L’intervento pose fine all’indipendenza del popolo mapuche e ridusse il loro territorio a poche centinaia di ettari, confinando i superstiti nelle riserve. Da allora il popolo mapuche è costretto a lottare per veder riconosciuti i propri diritti culturali, territoriali ed economici.
Nel corso del tempo, molte terre mapuche sono state vendute ad aziende attive soprattutto nel campo della silvicoltura. Queste aziende hanno disboscato le foreste native e sostituito le piante autoctone con piante di pino ed eucalipto, alberi non originari del Cile e che necessitano di molta acqua, causando frequenti periodi di siccità che impediscono agli abitanti di irrigare i campi e dissetare gli animali. Inoltre, i Mapuche sono un popolo la cui spiritualità è fortemente legata al rispetto della Madre Terra (“mapuche” significa letteralmente “popolo della Terra”). Credono che all’interno dei boschi e lungo le rive dei fiumi abitino forze ancestrali che vengono scacciate dallo sfruttamento continuo delle risorse naturali.
Al giorno d’oggi, i territori del Wallmapu sono profondamente segnati da questo conflitto. Si registrano continui episodi di violenza legata alle dispute territoriali e alle tensioni tra comunità indigene e settori industriali, a cui le forze dell’ordine rispondono con un uso eccessivo della forza. Questa situazione ha fatto sorgere forti preoccupazioni per la sicurezza e la criminalità che hanno portato ad una progressiva militarizzazione delle regioni dell’Araucaria e del Biobío e alla dichiarazione dello stato di emergenza.
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