Essere casa, essere a casa

servizio civile estero

Scritto da Aurora Incitti, volontaria in Servizio Civile tra Scutari e Tirana, in Albania, nel progetto “Caschi Bianchi Corpo Civile di Pace 2020 – Albania””

Provare a essere “casa” per qualcuno è un compito alquanto difficile. Presuppone un coinvolgimento emotivo, la necessità di una relazione costante, reciproca e tante piccole cose e azioni quotidiane semplici, ma non scontate per molti, per i molti che il senso di “casa” non lo hanno mai provato, o lo hanno sperimentato solo in parte.

A livello generale, quello della povertà materiale e simbolica è un tema molto ampio e discusso. Non è facile categorizzare, non è facile creare dei confini tra chi è “povero” e chi non lo è. La povertà prende aspetti differenti in situazioni completamente diverse, tanto che si può essere poveri anche con un tetto sopra la testa. Si può essere poveri non solo materialmente, ma soprattutto simbolicamente. Si può essere poveri senza rendersene conto.

La colpa può essere attribuita al degrado, alle politiche mancanti e mancate, al non sentirsi parte di un progetto o di un sogno più grande. Nella realtà le cause sono molteplici, più complesse, e ci si potrebbe perdere cercando di puntare il dito ora verso una tale cosa, ora verso di un’altra, perdendo il filo del discorso e il compito di riflettere e agire per trovare soluzioni concrete come singoli cittadini, come gruppi o associazioni, come ideatori di politiche sociali, educative, economiche…

Negli ultimi anni, ho avuto modo di riflettere molto e in modo approfondito sul rapporto tra povertà, storie di vita, contesto di riferimento e la questione abitativa intesa non solo come l’avere un tetto sopra la testa, ma anche come tutto ciò che la casa racchiude in sè a livello simbolico. Questo è un tema a me molto caro, perciò ho provato a chiedermi anche oggi, qui in Albania – dove è forte il bisogno di rispondere in modo concreto ad un buco istituzionale, culturale, sociale e interiore – cosa possiamo fare come Caschi Bianchi per rispondere a ciò. Intendo dire: come possiamo noi, ragazze e ragazzi, farci casa per qualcuno in ambienti che conosciamo poco e di cui non conosciamo così bene le dinamiche, in cui ci troviamo a vivere per un tempo definito e senza troppe competenze, ma spinti solo da un forte senso di giustizia? Possiamo descrivere la realtà e da quella partire per la nostra azione concreta solo attraverso il nostro occhio che osserva e prova a conoscere, attraverso le esperienze vissute e i racconti  di coloro che incontriamo nei luoghi dove facciamo servizio e con qualche lettura di qualche articolo o libro qua e là.

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