I “miei” nonni

servizio civile italia

Scritto da Nicla Nocca, volontaria in Servizio Civile a Forlì nel progetto “2020 Ricordati di me”

Pensando ad una esperienza bella da poter fare ho deciso di iniziare l’anno di servizio civile. Cercando tra le varie associazioni ho scoperto la Comunità Papa Giovanni XXIII di cui quasi tutti i progetti mi attiravano ma uno in particolare: il progetto “2020 RICORDATI DI ME”. Tale progetto si sarebbe svolto a Forlì presso il centro diurno per anziani “Casa dei nonni” e prevedeva anche lo svolgimento di due mesi di servizio in Germania. Io ho studiato il tedesco e so quanto sia bello e al contempo duro ogni volta mettermi alla prova. Questa volta, però, ho deciso di provare e candidarmi. Quello che mi ha colpito di più del progetto proposto è stato da subito il fatto che si svolgesse con gli anziani poiché li ritengo una grande ricchezza per tutti e in particolare per noi giovani. In effetti mi hanno subito accolta e mi sono sentita a casa, merito anche degli operatori che si occupano del centro e che mi sono sembrati come una grande famiglia.

Le attività da svolgere con “i miei” nonni non erano molte per via della situazione sanitaria preoccupante in particolare per la loro fascia di età. A dire il vero, nei primi mesi, anche il numero di anziani accolti giornalmente era limitato. Poi sia per esigenza, sia perché era di nuovo permesso farlo, sono state accolte nuove persone che venivano inserite gradualmente. Nonostante questo le attività svolte non hanno subito grandi variazioni: ci sono state alcune uscite, le passeggiate nei dintorni del centro diurno, i giochi e la ginnastica all’interno. La cosa più bella da fare con loro è chiedergli di raccontare aneddoti o qualcosa che si ricordano della propria vita. La cosa che mi piace di più delle persone anziane è che si ha sempre qualcosa da imparare da loro e per questo è bello scoprire il loro modo di vedere le cose e sapere come le abbiano vissute. Quello che mi colpisce è la loro curiosità nei miei confronti, perché anche raccontandomi di sé hanno sempre avuto un pensiero per me chiedendomi della mia vita e di quello che mi piace fare. È così che è nato tra noi questo scambio che mi ha portato ad essere la nipote di tutti loro.

A pochi mesi dall’inizio del servizio civile mi è stato proposto di partire per Brema. Non sapevo cosa aspettarmi da questo pezzetto di esperienza in Germania ma posso dire che forse non avrei potuto chiedere di meglio. Sono stata accolta in una casa famiglia che alle prime mi è sembrata un po’ insolita. C’è Marina che è una consacrata/religiosa della comunità Papa Giovanni XXIII che è partita circa quattro anni fa. Con lei, grande chiacchierona di natura, c’è stata da subito una bella intesa passando i primi giorni a raccontarci e a scoprire che in realtà non eravamo poi così diverse. Sperimentando giorno per giorno ciò di cui mi sarei occupata, ho scoperto gli sguardi e i sorrisi dei senza fissa dimora, dei bambini che incontravo al mattino e di chi si occupava di loro. Si perché lì non avevo degli orari fissi o solo un’occupazione, ma davo una mano ad incontrare i senza fissa dimora portando loro anche cibo e bevande calde.  Una volta a settimana svolgevo servizio anche al banco alimentare nella sistemazione del cibo e a servire chi aveva bisogno. Tutti i giovedì un uomo faceva un gesto molto dolce: portava una caramella ad ogni volontario presente lì al banco. Un giorno a settimana andavo anche in una scuola dell’infanzia della parrocchia di un quartiere abbastanza povero di Brema e con una forte presenza di famiglie straniere. Nella classe in cui davo una mano facevo fatica a ricordare i nomi di tutti i bambini e allora buffamente provavo a pronunciarli ogni volta che loro me li ripetevano. Arrivano davvero da tanti paesi diversi e sono pochissimi i bambini di nazionalità tedesca. Da loro ho imparato che non ci sono differenze di alcun tipo quando noi non le evidenziamo e anche se ci sono, ai bambini non interessano perché non vogliono che gli si parli perfettamente nella loro lingua o che si abbia il loro stesso colore della pelle, ma solo che si possa giocare insieme. L’esperienza in strada, invece, è svolta principalmente con la Comunità di Sant’Egidio che due giorni a settimana si occupa degli ultimi per le vie di Brema. Il martedì sera ci si incontra per pregare insieme e poi con chi riesce ci si ritrova in stazione centrale con panini e bevande da offrire a chiunque si incontri e ne abbia bisogno. Una delle cose che più mi ha colpito è la relazione che si crea con queste persone poiché non si cerca solo di offrire qualcosa per riempire lo stomaco. Ad esempio c’è una donna che nel tempo è stata invogliata più volte dai volontari a seguirli per trascorrere la notte in un posto caldo o almeno accogliente e pulito. Lei, però, non voleva saperne di andare via dalla strada. Questa donna è una delle persone a cui i volontari tengono di più e a cui si pensa spesso cercando una possibile soluzione per aiutarla più concretamente. Continuando il discorso dei legami creati con le persone senza fissa dimora, mi viene in mente che ci siamo ritrovati in strada a pregare con un gruppo di polacchi (anche loro si conoscono da un po’) a pregare per due loro connazionali e amici venuti a mancare qualche giorno prima.

Il sabato mattina invece erano gli ultimi ad incontrarci. Si allestiva, infatti, una grande distesa di tavoli per preparare e servire le zuppe tanto amate dai tedeschi, pasta, panini, dolci e bevande calde o fredde accompagnate da qualcosa di dolce. Ci si ritrovava sempre vicino la stazione ma sotto i portici del palazzo di un cinema. La cosa più bella del sabato mattina era vedere che tutti davano una mano indipendentemente dalla loro religione o condizione economica. Ciò che è successo è che da un certo punto in poi tutti, compreso chi era in difficoltà, hanno iniziato a dare una mano. Quindi ci si confondeva senza capire chi fosse il bisognoso e chi fosse lì al suo servizio. Come ho già detto è stato bellissimo creare relazioni con loro e spesso persone provenienti dall’est Europa conoscevano l’italiano quindi io e altri eravamo contenti di parlare e scambiare quattro chiacchiere con loro per il piacere di fargli compagnia ed ascoltare le loro esigenze e forse anche la loro storia, che a volte non era proprio semplice e ti riportava alla realtà facendoti capire che a volte ingigantiamo le nostre difficoltà non pensando che nel mondo ce ne sono di più grandi.