La terza via possibile

servizio civile estero

Scritto da Aurora Incitti, volontaria in Servizio Civile tra Scutari e Tirana in Albania, nel progetto “Caschi Bianchi Corpo Civile di Pace 2020 – Albania”

Ormai il mio anno di Servizio Civile è oltre la metà. E posso dire che tutto sommato va bene. Lo descriverei un po’ come una sfida. Come una partita in cui si hanno più vite e le carte imprevisto; in cui si ha l’aiuto di strumenti e la possibilità di riscatto; un esito negativo, ma anche un probabile risvolto positivo. Come una sfida in cui si ha la possibilità di mettersi in gioco, trovare quale sia la strada migliore per noi e in cui non si è mai soli nell’affrontare le varie situazioni.

Partire per un anno di volontariato all’estero senza sapere bene a cosa si va incontro, è emozionante ma non semplice. La realtà che ci si aspetta di trovare spesso si basa sulle esperienze di chi già la ha vissuta e su ciò che si può sognare. Questo talvolta può creare una dimensione immaginata che non sempre combacia con quella reale.

Quando si decide di partire si è carichi di aspettative, anche affermando il contrario. Tra tutte, la più forte, penso sia quella che l’esperienza vada per il meglio. Ma la realtà, molte volte è più tosta di quello che ci si aspettava.

Credo che la soluzione – il giusto compromesso tra l’immaginato e il reale – abbia solo bisogno di tempo. Credo abbia bisogno di scontrarsi con la quotidianità dei progetti e delle persone che incontreremo. La somma di questi due elementi dà l’esperienza compiuta con tutte le sue sfaccettature. È una questione di compromesso, di adattamento, di capire quanto spazio dare a ciò che incontreremo e quanto rimanere fedeli a ciò che si è.

Il percorso di Servizio Civile, è una scoperta dell’altro, del diverso da noi che talvolta può mettere in crisi.

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