Cosa lascio da questa esperienza? E cosa porto con me?

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Scritto da Paolo Molteni, volontario in Servizio Civile tra Ratnapura (Sri Lanka) e Bangkok (Thailandia) nel progetto “Caschi Bianchi Corpo Civile di Pace 2020 – Asia del sud”

Siamo quasi giunti alla fine di questo viaggio che mi ha visto impiegato per un anno come Casco BiancoUn anno travagliato, fatto di viaggi, incognite, continui cambi di mete, rimbalzato da una parte all’altra. Un anno dove tutte le difficoltà però hanno portato con sé elementi di straordinaria sorpresa, di stupore, di scoperta e di vicinanza verso persone che fino a poco tempo fa non avrei mai immaginato di poter incontrare.
Il tutto è iniziato lo scorso anno, quando decisi di dedicarmi per dodici mesi ad un progetto in Bangladesh. Progetto che sin dall’inizio, però, ha trovato un monte troppo alto da essere scalato: il coronavirus è una cattiva bestia quando si programmano itinerari del genere, e la burocrazia del Paese non è stata di certo più clemente nel favorire questo percorso. E così, ancora prima di partire, ero già senza meta. Forse il destino mi voleva dire che quest’anno doveva essere un po’ così – affidarmi all’andare delle cose senza pretendere troppo da quello che mi circondava. E così feci allora, e grazie alla disponibilità di Giovanna riuscii a trovare la mia meta: la casa-famiglia a Ratnapura, in Sri Lanka.
Qui ho speso i primi sei mesi del mio servizio civile, venendo via via sempre più avvolto dalle vicende di casa, entrando in stretto contatto con tutti i ragazzi accolti e trovando nella loro felicità uno dei più importanti motivi per poter continuare questo cammino. Perché sì, anche in loco le difficoltà non sono mancate: la variante delta del Coronavirus ha costretto tutti noi in casa a dover vivere un lungo tempo di quarantena. In quei giorni, le ore sembravano anni e il tempo non passava mai, ma in questo tempo-non tempo quello che si cementava di più era il rapporto con loro. Piccoli rituali della giornata che diventavano momenti importanti di pura condivisione di sé. E così lentamente ci trasformavamo in una sorta di famiglia, dove lo scambio di idee, pensieri, gesti o anche solo sorrisi diventano elementi clou. Così, in questo ritrovarsi nell’altro sicuramente io sono riuscito a raccogliere volti, storie, vicende che porterò con me per tutta la vita – un modo nuovo per creare la pace, senza salvare il mondo ma aiutandosi a vicenda.

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