Scritto da Teresa Dell’Aquila, volontaria in Servizio Civile a Fasano (BR) nel progetto “2022 Pronti a servire”
La mia esperienza di Servizio Civile è giunta a metà e sono già un po’ nostalgica. Ho iniziato questa esperienza con l’intento di migliorare le mie capacità professionali, in quanto quasi assistente sociale. Volevo vedere con i miei occhi cosa volesse dire lavorare a stretto contatto con e per le persone. Sono partita per questo viaggio carica di paura, paura di non farcela, di non essere all’altezza della forza del più fragile, di non essere capace di accogliere il bisogno dell’altro e di farne una possibilità. Tutte queste paure le ho messe da parte quando sono entrata in punta di piedi nella casa di pronta accoglienza della comunità Papa Giovanni XXIII Madre Teresa di Calcutta che mi ha accolto come se fossi già parte della famiglia.
Ho potuto vedere con i miei occhi cosa significa vivere in comunità, vivere nell’ottica dell’insieme, inteso come unica forza per affrontare tutte le difficoltà. Non è certo facile vivere in quest’ottica in quanto chi viene accolto molte volte non accetta la sua condizione di fragilità e bisogno. È il caso di C., un uomo sulla cinquantina, clochard e diabetico con scarsa dedizione alla sua condizione di salute. Il responsabile della struttura in primis, noi volontari e tutti i ragazzi accolti ci siamo presi cura di lui e della sua condizione di salute, cercando di fargli prendere coscienza di come il suo stile di vita sia controproducente per la sua salute. Da questa storia mi sono resa conto di quanto il bene e l’aiuto dell’altro sono importanti per sorreggerti, anche se l’aiuto poi non lo si vuole accettare. L’aiuto e l’amore donato non ti ritorna indietro ma resterà sempre nel cuore di chi l’ha ricevuto.
Questa esperienza mi ha arricchito a livello professionale perché ho avuto l’occasione di capire come sono organizzati i servizi socio-assistenziali del mio territorio. Ho accompagnato, con il mio collega di servizio civile, alcune persone alle visite mediche, interfacciandomi anche personalmente con i medici e supportandole empaticamente. Importante per la mia futura professione è stato l’incontro di conoscenza tra referente e possibile persona accolta, organizzato dall’assistente sociale del comune, e conoscere come la rete dei servizi è organizzata per quanto riguarda la distribuzione dei pacchi per persone bisognose, organizzati dalla Caritas, con la quale abbiamo collaborato dando il nostro aiuto. Le competenze professionali acquisite sono una parte del bagaglio “servizio civile” che porto sulle mie spalle. È un’esperienza di vita, che consiglio a tutti e a tutte. Ti mette davanti a realtà che non conoscevi e ciò permette di metterti in discussione, di sentirti fortunato della vita che hai percorso e delle storie che hai ascoltato. Storie che molte volte grazie al mio ascolto, anche solo per un momento, sono diventate meno pesanti, quasi leggere per le persone che le hanno vissute. Ti mette davanti alle tue fragilità, alle tue paure, al modo in cui ti rapporti con l’altro, che sia il collega o la persona accolta. Ti fa capire che essere fermo sulle tue convinzioni molte volte non serve, non serve per la tua crescita. A crescere me lo ha insegnato anche il servizio civile, il dare il mio servizio ad una pronta accoglienza, oltre che la mia vita: crescere vuol dire rinascere. Far cadere le proprie idee statiche per accoglierne delle nuove e piene di speranza.