Scritto da Carola Cappellari, volontaria in Servizio Civile a Scutari nel progetto “CASCHI BIANCHI CORPO CIVILE DI PACE 2022 – EUROPA ORIENTALE”

È il due gennaio e al ritorno dall’aeroporto mi sento leggera. Sul ciglio di casa, appena superato il cancello, mi accolgono braccia ormai familiari. L’albero di Natale che da un mese ci sorveglia dall’angolo del salotto anche quest’anno sembra aver trasmesso la bontà delle feste.

La sera A. e K. siedono vicine davanti alla tv come raramente accade. La prima legge sottotitoli albanesi di un film turco che la seconda altrimenti non potrebbe capire. Mi torna alla mente che dove sono cresciuta, è raro, o forse impossibile, incontrare qualcuno privo dell’istruzione di base. Anche qui in città dopotutto non accade quasi più, ma le due donne con cui vivo tra i banchi di scuola non ci sono mai state.

Cresciute nei piccoli villaggi di montagna attorno a Scutari e scese frettolosamente in città in cerca di sicurezza, il loro presente è conseguenza di un passato in cui la scelta non era quasi mai un’opzione. Figlie di una società che fatica a staccarsi dalla struttura patriarcale su cui per secoli ha costruito la famiglia, per troppi anni la loro quotidianità è stata scandita da una taciuta e diffusa violenza che si è infiltrata tra le sfere delle vita come l’umidità in una stanza, ostruendone lentamente l’aria. Ad oggi, il 47% delle donne e ragazze albanesi di età compresa tra 15 e 74 anni ha sperimentato nel corso della vita uno o più tipi di violenza domestica da parte del partner e a Scutari quasi il 24% di donne è a rischio povertà (fonte INSTAT). Le forti condizioni di subordinazione e dipendenza economica dai coniugi, unite allo scarso livello di istruzione e al timore dello stigma e l’esclusione sociale, spesso impediscono il loro allontanamento da situazioni di violenza che compromettono il loro benessere mentale e psicologico e quello dei figli.

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