Scritto da Francesca Quagliarini, volontaria in Servizio Civile ad Assisi (PG) nel progetto “Fuori dal guscio 2024”
Mi chiamo Francesca Quagliarini, ho 22 anni, sono di Assisi e sono una studentessa al primo anno della specialistica in Psicologia Clinica e Dinamica. Fin da piccola ho sempre pensato a come avrei potuto aiutare chi aveva più bisogno e grazie a questo progetto, in parte, ho realizzato quello che ho sempre avuto in mente ma non sapevo come mettere in pratica.
Ho iniziato a mettere da parte qualche soldino, mentre facevo il liceo, come cameriera e addetta alle pulizie su diverse strutture ricettive, poi dato che la mia idea di futuro è sempre stata aiutare la gente e stare con i bambini, mentre studiavo, ho lavorato come babysitter presso varie famiglie della zona e davo ripetizione ad una bambina che faceva le elementari.
Quest’anno, invece, ho scelto di fare il Servizio Civile, a pochi passi da dove abito, presso la casa famiglia “Fuori le mura”, a Palazzo di Assisi, nata per accogliere minori.
Conoscevo già la casa famiglia perché alle elementari avevo un compagno di classe che viveva lì ma poi, dopo tanti anni, ho scoperto che la casa famiglia fa parte di un’associazione: l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi, un prete che fin da giovane si è speso per educare i giovani e guidato da uno spirito cristiano e innovatore ha fondato la comunità nel riminese.
A fine maggio ho iniziato il servizio civile e subito mi sono sentita a casa. In casa ci sono Luca e Laura, che gestiscono tutto e sono i genitori biologici di Benedetta e Teresa. Undici anni fa, hanno adottato Agnese, una bambina affetta da microcefalia e più tardi è arrivato Saviour che di anni ne ha sei, in casa è un terremoto e tiene tutti sull’attenti.
Quest’estate abbiamo passato molto tempo insieme, siamo andati al centro estivo per due settimane e finito quel periodo, alcune volte siamo andati in piscina: per lui è stata la prima volta.
Si è divertito tantissimo e ha imparato molte cose sull’acqua, ad andare sugli scivoli nella “piscina dei piccoli” e a fare delle nuotate con i braccioli nella “piscina dei grandi”. A settembre ha iniziato la scuola elementare e a volte lo vado a riprendere e lo trovo tutto contento; poi torniamo insieme a casa da mamma e papà.
Tra le varie formazioni a cui ho partecipato, in particolare, mi è rimasta impressa l’uscita in strada con i senza tetto. Ci ha accompagnato Luca Fortunato che è il responsabile della Capanna di Betlemme a Chieti, in questa struttura viene accolto chi non ha una casa ed è rimasto solo.
Siamo usciti la sera a portare a chi era in strada un panino, una frutta e una bottiglietta d’acqua, un pensiero che metaforicamente è la nostra vicinanza e presenza per tutte quelle persone abbandonate alla strada e che non possono contare su nessuno, gli invisibili della società.
Il mio servizio civile lo intendo come difesa dei più bisognosi, un’esperienza che darà la direzione al mio percorso lavorativo, una parte fondamentale che non sapevo esistesse. Spero di continuare a lavorare nel sociale e che il servizio civile sia il punto di partenza per raggiungere tutti i miei obiettivi.
La casa famiglia non vuole avere la presunzione di mostrarsi come figura sostitutiva della famiglia, ma si propone di rispondere a quel grido di aiuto e alla richiesta di accoglienza di tutti quei bambini, che non hanno una vera famiglia per motivi di povertà, di vizi dei coniugi (droga, furto, prostituzione) o altro; prima che qualche malintenzionato possa abusare di loro e sfruttandoli li avvii verso una sorte simile se non peggiore di quella dei genitori.