Scritto da Rocio de Zanche , volontaria in Servizio Civile a Bucarest nel progetto “CASCHI BIANCHI CORPO CIVILE DI PACE – EUROPA ORIENTALE 2024”
Durante questi mesi sono stata Casco Bianco in Romania, a Bucarest, in un progetto che abbraccia diverse realtà come la disabilità, la minoranza rom e soprattutto i senza fissa dimora.
Le nostre settimane infatti erano scandite dalle attività al Don Orione, un istituto situato nella periferia di Bucarest dove risiedono persone anziane e persone con disabilità; dai momenti di gioco con i bambini che vivono nel quartiere di Ferentari, il quartiere più povero della città, dove ancora oggi viene “ghettizzata” la popolazione rom; e dall’incontro con i senza fissa dimora attraverso l’Unità di Strada, in modalità sia fissa (ovvero collocandoci davanti alla stazione principale, la Gara de Nord, dove le persone sapevano di poterci trovare), che itinerante (ovvero andando a cercare le persone in giro per la città, di solito già posizionate nei luoghi dove poi dormiranno).
Cosa lascio nel luogo dove ho vissuto questo anno?
Cosa porto con me?
Al mio arrivo in Romania ero totalmente spaesata, non solo perché non ci ero mai stata, ma anche perché avevo scelto il progetto senza sapere bene in cosa consistesse, affidandomi al fatto che se mi era stato proposto proprio questo paese un motivo sicuramente c’era, anche se io non potevo capirlo. In quei primi giorni, tra il disorientamento, l’emozione e la preoccupazione mi sono però resa subito conto di una cosa, ovvero dell’impronta che avevano lasciato le persone che erano passate prima di me, tra caschi bianchi e responsabili, e mi sono chiesta se, alla fine del mio anno di servizio civile, avrebbero parlato allo stesso modo di me.