Scritto da Miriam Racca, volontaria in Servizio Civile Ambientale a Cervasca (CN) nel progetto “Agrilab: Le piante e gli animali non discriminano nessuno 2024”
Siamo ormai giunti al termine di questo anno di Servizio Civile, che onestamente non avrei mai pensato di terminare, eppure eccoci qui. Sono stati mesi per me di crescita sia personale che professionale e di esplorazione di lati di me stessa che da tanto non uscivano più fuori. Mi sono sentita sempre molto libera di essere semplicemente me stessa, senza paura di essere giudicata o di sbagliare. Il mio servizio non si è sempre svolto in uno stesso luogo fisico, perché avendo affiancato perlopiù le UET (Unità Educative Territoriali) del centro diurno “Il Ramo”, ho spesso girovagato tra le varie attività e quindi i vari territori. Ovviamente però, il punto di riferimento era la cooperativa e qui penso di aver lasciato un bel pezzo di me stessa. Come ho scritto in precedenza, sono riuscita a dimostrare al massimo la mia essenza e quindi, nel bene e nel male, penso di aver consegnato autenticità e spontaneità. Sono consapevole di aver offerto un contributo in particolare in alcune attività, come quella di autonomia, in cui grazie alla mia esperienza antecedente ed ai miei studi, sono riuscita spesso a portare nell’affiancamento degli utenti, anche conoscenze e abilità culinarie/gastronomiche.
Inoltre, spero, ma credo anche, di lasciare tante relazioni e affetti. Ho creato un bellissimo legame con gran parte degli operatori. Mi sono sentita da loro accolta e in molti casi anche ascoltata. Ho condiviso con loro parti della mia storia, quelle più faticose e delicate, così come i momenti di gioia più grande, certa che li avrebbero custoditi con cura. Per non parlare degli utenti, che hanno sempre saputo farmi ridere, ascoltarmi, consolarmi e comprendermi, alleggerendo non solo le mie giornate ma la mia vita in generale. In alcuni casi ho costruito un vero e proprio legame di amicizia con alcuni di loro e penso che la mia presenza rimarrà nel loro ricordo e nel loro cuore. Ciò che mi dimostra di essere stata qualcosa per loro, è il fatto che dall’inizio dell’estate mi domandano quando finirò il servizio, con la preoccupazione che quel momento arrivi presto. Qualcosa di me, quindi, spero rimarrà, ma ciò di cui sono proprio certa è che loro rimarranno in me.
Uscendo da quest’avventura porto con me sicuramente due grandi valigie. Una di queste è piena di insegnamenti, nozioni e abilità educative e relazionali che ho appreso; piena di ricordi, risate, scontri, difficoltà, giornate felici e giornate stancanti; piena di biglietti di auguri e doni che ho ricevuto, di abbracci, carezze, baci, tirate di capelli e insulti; piena di tutto ciò che è stato questo anno. La seconda valigia che porto con me alla fine di questo viaggio, invece, è legata a ciò che sarà: all’inizio di questo percorso infatti non avevo aspettative e pensavo sarebbe stato un tempo di riflessione per decidere che strada prendere nella mia vita; ora però, mi rendo conto che questo tempo non mi ha aiutata a chiarirmi le idee, anzi, ma mi ha aiutata a scoprire e riscoprire lati della mia personalità, talenti e passioni, che avevo accantonato. Ora non penso che il percorso puramente educativo sarà quello che intraprenderò, dal momento che mi richiederebbe studi lunghi e impegnativi per il momento di vita in cui mi trovo, però mi porto dietro la certezza che, qualsiasi cosa farò nella vita, avrò delle consapevolezze in più che questa esperienza mi ha permesso di maturare, e non tralascerò mai l’inclusività e la leggerezza.
Voglio concludere con una frase di una canzone che ascoltavo oggi in auto e che penso racchiuda una grande lezione di vita che anche questo anno di servizio vissuto mi ha dato.
“E se c’è un segreto è
fare tutto come se
fare tutto come se
vedessi solo il sole”













