Dove gli ultimi saranno i primi

servizio civile estero Testimonianze

Scritto da Lorella Cavicchioli, volontaria del progetto di Servizio Civile all’estero “Caschi Bianchi Corpo Civile di Pace 2019 – Europa Balcanica” ad Atene

Al mio arrivo sono stata accolta da una bella famiglia con 5 figli, che ospita una mamma con due bimbi ed altre famiglie in stato di bisogno. Quello che ho sentito fin da subito è stata la loro accoglienza semplice e naturale. Fin dai primi giorni sono stata inserita nelle attività della Capanna di Betlemme e del servizio di unità di strada.

La Capanna di Betlemme è una struttura che accoglie persone senza fissa dimora, offre a loro un tetto sulla testa, un letto e un piatto caldo, ma soprattutto offre la possibilità di mettersi in relazione e di trasmettersi reciprocamente qualcosa di bello e positivo che rimanga. Purtroppo questo anno particolare ha stravolto tutto anche qui, infatti il numero di persone che possono accedervi è minore, ma per fortuna l’attività continua.

Le uscite in strada si svolgono una volta alla settimana e consistono nell’andare a trovare le persone senza fissa dimora, portare loro qualcosa da mangiare, da bere e da vestire.  La strada: il posto dove va a vivere chi non ha più un tetto sopra la testa, chi invece sceglie di non averlo, persone che non riescono ad inserirsi nella società, chi si sente solo e smarrito, chi sente la libertà e non vuole essere vincolato da niente, chi si fa, chi beve e tante altre motivazioni che se non si vive quella vita è difficile decifrare a pieno. Un giorno ho avuto la sensazione, guardando una persona in strada negli occhi, di poter toccare e sentire una parte della sua sofferenza, come se in quel momento un po’ di quello che portava dentro di sé si era fatto uno spazio dentro di me. È proprio vero che “gli occhi sono lo specchio dell’anima”. È stato un momento forte, profondo e strano, sarei voluta scoppiare in lacrime ma vedendo lui che nonostante tutto sorrideva, mi sono fatta forza.

Incontro anche persone migranti, provenienti spesso dall’isola di Lesbo, dove purtroppo vivono in condizioni di abbandono e grave disagio. Davanti a tutte queste situazioni mi sento piccola, fragile e impotente ma con la voglia di fare giustizia per persone che hanno il loro diritto di vita e di libertà.

Durante la prima settimana qui ho sentito un po’ la lontananza dalla mia famiglia, la fatica della lingua, la sensazione di non sentirmi all’altezza rispetto a certe situazioni. Anche la condivisione con il prossimo, che sembra così semplice, alle volte mi mette in difficoltà, ma penso sia questa la chiave per avere la vita e il cuore più pieni, la fatica aiuta a crescere.

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