Scritto da Sara Baracco, volontaria in Servizio Civile a Rivalta di Torino (TO) nel progetto “2021 C’E’ TEMPO PER TUTTO”
Mi chiamo Sara, ho 21 anni e il 25 maggio ho iniziato la mia esperienza di servizio civile presso l’Associazione Accomazzi di Rivalta di Torino, la quale tra il 2017 e il 2019 ha accolto due famiglie siriane arrivate tramite corridoi umanitari. Le due famiglie sono le destinatarie del mio progetto, le cui attività principali consistono nel supporto per la scuola, la lingua e le questioni quotidiane che possono risultare più difficoltose a causa della barriera linguistica, oltre che nel favorire l’integrazione delle famiglie offrendo opportunità di socializzazione.
Prima di iniziare l’esperienza ero molto agitata: sono sempre stata molto timida e temevo che questo potesse comportare un ostacolo nel creare un rapporto con le famiglie. Tuttavia, i miei timori sono stati dissipati in breve tempo grazie all’ospitalità delle famiglie e alla loro genuina curiosità di conoscermi. Il primo giorno sono andata a conoscere una delle famiglie insieme al mio OLP e al volontario dell’anno precedente. Ricordo che siamo stati poco e io non avevo parlato granché. Eppure mentre stavamo andavo via la mamma della famiglia mi ha guardata con un sorriso dolcissimo e mi ha ringraziata per la visita. Quel piccolo gesto mi ha fatta stare molto meglio. I giorni seguenti ci siamo visti sempre più spesso e in poco tempo credo si sia creato un bel legame. E per questo legame non posso che ringraziare la loro ospitalità: sono sempre felici di averti con loro e ti invitano sempre a fermarti per i pasti (prelibati). Una ragazza mi ha spiegato che nella cultura araba è molto importante trattare bene l’ospite e condividere con lui ciò che si ha e che questo si rispecchia nella loro tradizione al tavolo: tutti condividono e attingono dai medesimi piatti che sono sempre molti e abbondanti. “Quindi in tutti i paesi ti daranno molto cibo se ti ospitano” mi ha detto, poi ha aggiunto “Beh, tranne in quelli dove c’è la guerra e non c’è cibo”.
Ho pensato che nel nostro paese avremmo molto da imparare sull’ospitalità.
I primi con cui è stato più facile instaurare un rapporto sono stati i bambini e i ragazzi più giovani perché parlano già molto bene l’italiano… e perché erano felici di avere qualcun altro con cui giocare una volta finito i compiti. Per i membri più adulti invece la lingua è una grande difficoltà, per questo una delle mie attività principali è proprio il supporto per il miglioramento dell’italiano. Non sempre è semplice, soprattutto con quelli che sono qui da meno tempo, ma sono dei bei momenti. Anche se non condividiamo la lingua, c’è qualcos’altro che condividiamo: la voglia di conoscerci, come individui ma anche come portatori di culture diverse. Loro vogliono davvero imparare la nostra lingua e la nostra cultura ma altrettanto vogliono farci scoprire la loro. È un bellissimo momento di scambio (e a volte, perché no, di discussione sulle nostre differenze): anche loro mi insegnano qualche parola araba e le loro tradizioni.
Seneca diceva “chi aiuta gli altri aiuta se stesso”: ho iniziato il servizio civile per aiutare qualcuno ma mi sono ritrovata a essere stata io stessa aiutata. Penso che il bello di questa esperienza é che la relazione con i destinatari più che di mero aiuto é di reciproco scambio e condivisione, il che la rende molto più ricca.