Imparare dai bambini. Le relazioni che aiutano a crescere

servizio civile italia Testimonianze

Scritto da Martina Rizzoli, volontaria in Servizio Civile a Cento (FE) nel progetto “2021 CHIAMAMI PER NOME”

  • casafamiglia_bambini_emiliaromagna

Mi chiamo Martina Rizzoli e ormai da quasi sette mesi ho iniziato il mio servizio civile presso la casa famiglia di Grazia. Da sette mesi quella casa è come se fosse diventata un po’ anche la mia.  Sin dal primo momento, sono stata accolta a braccia aperte, mi sono sentita realmente parte di qualcosa. Probabilmente quando ho presentato la domanda per il bando, non mi sarei aspettata tutto ciò, di creare legami talmente forti da riuscire a sentirli anche quando il turno è terminato e sono altrove.

Sono sempre stata una persona che a lungo andare tende a stancarsi delle cose che fa, ma con mia grande sorpresa in questo caso, più passa il tempo più mi sento coinvolta, attiva ed entusiasta di ciò che faccio. Ogni giorno accompagno i bambini nelle varie sfide della loro vita, mi impegno per far sì che possano sentirsi il più sereni possibili e tranquilli.

In casa famiglia c’è sempre tantissimo da fare, sembra sempre di rivivere scene del film “Solo cose belle”. C’è sempre un gran via vai di gente, tantissimi oggetti tra i più disparati che farebbero invidia ai grandi negozi e davvero tantissimi impegni, che molto spesso si sovrappongono gli uni agli altri, e ci fanno quasi impazzire, ma alla fine riusciamo sempre a trovare una soluzione a tutto, o quasi.

Tra le attività più belle che svolgo in casa famiglia, sicuramente colloco l’accompagnamento dei bambini agli incontri protetti con i genitori, complice il mio percorso universitario in scienze dell’educazione. Mi fa stare bene vedere i bambini entusiasti di vedere i loro genitori, come sono agitati ed emozionati poco prima dell’incontro e l’entusiasmo con cui mi raccontano le varie attività che hanno svolto. Ammiro davvero tanto la loro forza di “accettare” il distacco dal genitore, dal proprio punto di riferimento, utilizzando come consolazione il fatto che li rivedranno la settimana seguente ad esempio, è come se a loro bastasse così poco per essere felici. Ed è proprio vero, ai bambini basta così poco, basta un poco di attenzione in più, qualche minuto di gioco insieme, una coccola, o una semplice parola di incoraggiamento, per essere più felici. Credo che tutti dovremmo re-imparare dai bambini.

Mi piace pensare che nel mio piccolo io abbia contributo ad una parte della loro crescita, della loro vita. Mi sento di prenderli per mano ogni giorno e di accompagnarli verso una nuova vita, mi sento di essere in grado di accogliere il loro dolore e restituire loro almeno un po’ di serenità.

Ad oggi posso quindi concludere che sono convinta della scelta che ho fatto, mi fa sentire attiva e in pace con me stessa, perché so che sto contribuendo anche io, alla realizzazione di qualcosa di veramente bello.

Credo che il nome del nostro progetto, “Chiamami per nome”, sia estremamente azzeccato, dà proprio l’idea di importanza, simboleggia il non lasciare indietro nessuno, che tutti sono importanti allo stesso modo, che ognuno ha gli stessi diritti e nessuno merita una posizione di secondo piano. Chiamare qualcuno per nome è sinonimo di attribuzione di importanza, di rispetto; e quello che noi servizi civili ogni giorno ci impegniamo a fare è proprio non lasciare indietro nessuno, far sì che ognuno possa godere degli stessi diritti degli altri, che abbiano tutti le stesse opportunità, indipendentemente da sesso, etnia, status sociale, per il semplice, ma non così tanto, fatto di essere una persona.