All’ONU per dare voce a chi non ha voce

servizio civile estero Testimonianze

Scritto da Maia Correrella e Gregorio Profiti, volontari in Servizio Civile a Ginevra nel progetto “Caschi Bianchi Corpo Civile di Pace 2021 – ZAMBIA e GINEVRA”

Fare Servizio Civile a Ginevra, può suonare inusuale. Effettivamente, il nostro è un progetto particolare, che a differenza della maggior parte dei progetti che si svolgono sul campo, a stretto contatto con gli ultimi, si svolge dentro alle istituzioni dell’ONU, tra palazzi di vetro, riunioni e cravatte. È lì che insieme all’ufficio di Delegazione di APG23 proviamo ad intervenire sui processi decisionali degli Stati, portando l’esperienza e le storie dell’associazione dal campo. Le attività a Ginevra sono sicuramente molto interessanti e stimolanti per noi che per la prima volta possiamo assistere, in un contesto così formale ed importante, alle discussioni degli Stati, che qui si confrontano e prendono decisioni sulle questioni più rilevanti a livello mondiale in materia di diritti umani.

Tuttavia, dopo 4 mesi dalla nostra partenza, ci siamo mano a mano resi conto di sentire la mancanza del contatto con l’attività sul terreno, con le persone alle quali poter tendere una mano e di iniziare a soffrire l’impossibilità di vedere gli effetti del nostro operato. Proprio per questi motivi, il nostro progetto prevede due mesi di permanenza in Italia, dove ci troviamo adesso, a CasaMondo. CasaMondo è una struttura per richiedenti asilo, dove 15 ragazzi provenienti da varie parti del mondo vivono insieme, mentre aspettano di ottenere i documenti e cercano di crearsi una nuova vita in Italia. La particolarità di questa struttura è che i volontari che supportano i ragazzi, tra cui noi, vivono nella struttura insieme a loro. L’idea è quella di far sentire a casa dei ragazzi che la loro casa l’hanno lasciata molto tempo fa, per approdare in un paese straniero, di cui non conoscono né la lingua né la cultura. Ed è questo anche il punto della nostra presenza qui: quello di vivere insieme ai ragazzi, come una famiglia, di stare con loro e aiutarli se hanno bisogno, di giocare insieme a loro, di fare esperienza di quella “condivisione con gli ultimi” che sta alla base dell’operato di APG23. Passare dai palazzi dell’ONU ad un Centro d’Accoglienza può sembrare come passare da un estremo ad un altro, come un salto tra due realtà troppo diverse, che per noi invece si sono rivelate strettamente connesse, l’una che dipende dall’altra e la vita dell’una, CasaMondo, che si rifletterà poi sul nostro lavoro, la nostra motivazione, a Ginevra nelle istituzioni.