Scritto da Damiano Salan, volontario in Servizio Civile a Legnago (VR) nel progetto “Mano nella mano 2024”
Il 25 e il 26 settembre 2024 ho avuto l’opportunità di partecipare al Festival Nazionale del Servizio Civile a Bologna in qualità di volontario in Servizio Civile.
Eventi come questo alimentano la speranza. Incontrare persone che ogni giorno mettono il proprio impegno per tendere ad un obiettivo comune mi fa sentire parte di un movimento più grande del mio piccolo orizzonte e mi ricorda che quello che faccio nel mio servizio non è fine a sé stesso, ma un mattone di una costruzione molto più grande.
Credo infatti che la paura più pericolosa per chi fa attivismo sia quella della solitudine. Più che la complessità dei problemi da affrontare, più che la forza di chi alimenta questi problemi, più che la mancanza di risultati, quello che ci toglie la speranza è la solitudine, è pensare che oltre a noi, al nostro gruppo, alla nostra associazione, ci sia solo fredda indifferenza. È una paura subdola perché impedisce di vedere il senso di quello che si fa e quindi soffoca entusiasmo ed energie. Quello che mi fa più male è sentirmi dire che faccio parte di una generazione inerte e incapace di agire, che è nata troppo comoda e quindi è cresciuta troppo pigra; la stessa generazione su cui però, secondo gli stessi, dovrebbe ricadere tutta la responsabilità di salvare il mondo da crisi climatica, guerre e quant’altro. Grazie, eh.
Però al Festival Nazionale del Servizio Civile ho percepito l’energia di decine, centinaia di storie diverse che convergono per lavorare a questo grande edificio. Ho trovato tanti compagni di questa “generazione inerte” che ogni giorno costruiscono la Pace dal basso, dalle biblioteche, dalle scuole, dalle case famiglia, dalle cooperative. Ho trovato obiettori di coscienza che rinnovano la loro scelta ogni giorno da 30, 40, 50 anni e non si rassegnano a scaricare su di noi la loro parte di responsabilità perché “il mondo ormai è dei giovani”. Ho ascoltato artisti, condiviso la mia esperienza con altri volontari, sentito le testimonianze degli attivisti. C’è bisogno di tutti per costruire la Pace, ognuno con i suoi mattoni diversi dagli altri.
Io mi auguro che le prossime edizioni siano ancora più partecipate, perché c’è sempre più bisogno di fare rete, di scambiarci le esperienze, per sentirci sempre meno soli. Di fronte all’euforia bellica che cresce dobbiamo continuare a parlare di obiezione e di nonviolenza, e ricordarci che la Pace non è un obiettivo binario, che c’è o non c’è, ma una casa di cui possiamo costruire un pezzo ogni giorno.