Un’esperienza che non ti lascia indifferente

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Scritto da Domenico Lovato, volontario in Servizio Civile a Roncà (VR), nel progetto “Un posto per tutti 2024”

Mi chiamo Domenico Lovato, ho venticinque anni e svolgo il mio servizio civile nella casa famiglia Santa Chiara di Terrossa in Roncà, in provincia di Verona. Vengo da San Giovanni Ilarione. Cosa studio? Scienze politiche, Università di Padova. A che punto sono? Ho finito gli esami, sto lavorando alla tesi. Questa presentazione mi è diventata col passare del tempo molto facile. Perché all’inizio era difficile presentarsi e ci si doveva presentare molte volte; poi è diventato quasi naturale.

Perché ho deciso di fare il servizio civile? Non avevo mai pensato di farlo, avevo però sentito parlarne e nel complesso mi sembrava una bella cosa. Ero troppo occupato a fare le mie cose. Il pensiero è maturato nel corso del tempo, la decisione è stata presa all’improvviso. Avevo appena dato l’ultimo esame, ed ero molto contento. Poi ho cominciato a pensare: “Va bene, ce l’ho fatta, ma adesso che si fa?”. Avevo bisogno di tempo per pensare, senza pressioni e soprattutto di fare qualcosa di diverso dallo studio.

Erano gli ultimi giorni prima della scadenza del bando e ho pensato di dare un’occhiata a quello che si poteva fare. Vicino a dove abito c’erano due posti disponibili e alla fine ho scelto una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII.

Quando dovrete scegliere anche voi, troverete di sicuro un lungo progetto con molti elenchi, parole complicate e tabelle, grafici, eccetera. Diciamo che, in sintesi, lo scopo del mio progetto è quello di vivere insieme agli utenti della casa famiglia, condividere momenti di lavoro e di svago e aiutarli a sviluppare una certa autonomia, tenuto debito conto del contesto e della disabilità presente. Il progetto va letto con attenzione, ma occorre non fermarsi a quel punto. Quando farete le prime formazioni vi parleranno del metodo della condivisione diretta e tutto il resto; quel che posso anticiparvi è che la mappa non è il territorio: occorrono pazienza e umiltà di apprendere e capire. Ciò che l’operatore volontario fa è da inquadrarsi in un progetto ancora più ampio e la sua azione è un tassello fondamentale ma non l’unico.

Cosa significa questo nel concreto? Nella mia esperienza personale questo ha significato vivere la quotidianità di una casa famiglia e più in generale di provare il senso di vivere in una comunità. Aiutare a preparare la cena, leggere insieme un libro, passeggiare per il parco. Costruire il box per la legna, andare in giro per fare commissioni, fare dei lavori di manutenzione.

Ci sono momenti difficili e altri più leggeri. Ci sono anche alcuni momenti di preghiera, molto sentiti e toccanti. Il mio banco di prova è stato il campo estivo al mare di Rimini. Ho passato due settimane in compagnia di un gruppo persone tra loro molto diverse, ognuna con la sua storia e con una diversa motivazione per essere lì. Alcuni, come me, erano alla loro prima esperienza, per altri è stato un ritorno: tutti insieme eravamo lì per fare una vacanza insieme ai nostri nuovi amici. Ci ha accompagnato, in quanto guida spirituale, don Mario, da qualche anno missionario in Brasile e proprio in quel periodo ritornato per la prima volta in Italia. Descrivere un campo in breve è molto difficile: proprio per la diversità dei suoi partecipanti le dinamiche che si instaurano producono risultati difficili da prevedere. Comunque, ci proverò.

Abbiamo passato momenti bellissimi sulla spiaggia a giocare e nel mare a nuotare; al parco di Riccione a vedere spettacoli con i delfini e altri animali; momenti conviviali a colazione, ai pranzi e alle cene in cui si approfondisce la conoscenza reciproca. In questi momenti capita di non essere più soltanto dei semplici accompagnatori, si comincia a vivere veramente insieme un’esperienza di profonda condivisione.

La prima settimana l’ho passata insieme a Ryan, la seconda con Manuel e David. Caratteri diversi e problematiche diverse, legate alla loro malattia, eppure capaci di dare il loro importante contributo ad una esperienza che in realtà è di gruppo e coinvolge tutti i partecipanti. Ogni giorno è una sorpresa e non si finisce mai di stupirsi. Può accadere in qualsiasi momento di essere in difficoltà e di trovare qualcuno pronto ad aiutarci, a risolvere un problema o a darci un momento di solitudine per riflettere: non siamo mai soli.

Se anche voi farete un campo, allora capirete meglio quanto ho cercato di dirvi. È sicuramente un’esperienza che non si può vivere a metà e da cui è bello lasciarsi coinvolgere.

In conclusione, il servizio civile non è un’esperienza che ti lascia indifferente: ti fa incontrare belle persone, può tirare fuori il meglio di noi stessi e anche farci riflettere su quello che abbiamo fatto e su quanto vogliamo fare in futuro. Non è poco. Ci si può fare un pensierino.