Una scuola “speciale”

servizio civile italia Testimonianze

Scritto da Agnese Fantini, volontaria in Servizio Civile a Forlì (FC) nel progetto “Io speriamo che me la cavo 2024”

Sono Agnese, ho 24 anni e mi sono laureata un anno fa per poi prendermi un periodo di riflessione in cui capire bene quale fosse il mio ruolo e il mio posto nel mondo. Durante questo periodo mi sono informata sul servizio civile e ho capito che avrebbe potuto essere un’esperienza diversa, arricchente e che avrebbe potuto aprirmi delle strade nuove. Ho trovato il progetto “Io speriamo che me la cavo 2024” che si svolge in una scuola paritaria bilingue di Forlì e ho pensato che fosse molto in linea con i miei interessi e anche con quello che avevo da offrire agli altri come servizio.

In questa scuola paritaria bilingue, la “Don Oreste Benzi” di Forlì, si segue un approccio basato sulla pedagogia del gratuito, che vede l’inclusione dei bambini e dei genitori in un percorso che sia educativo sia a scuola che a casa. Inoltre, si fonda sul concetto che gli studenti non sono dei numeri e pertanto il loro andamento scolastico e il loro apprendimento non deve essere giudicato attraverso dei voti, bensì attraverso valutazioni che tengano conto soprattutto di come la persona ha lavorato e del suo comportamento in generale, valorizzando gli aspetti positivi, ma puntualizzando anche quelli negativi perché possa essere messo in atto un miglioramento. Le attività che svolgo in una mia giornata di servizio civile sono principalmente due: in primo luogo affianco in maniera diretta un bambino americano di prima elementare, arrivato in Italia da poco e quindi in difficoltà a livello di comunicazione linguistica; a questa attività principale, si affianca quella di supporto all’insegnante per favorire l’ascolto da parte dei bambini, il rispetto delle regole, l’attenzione e la partecipazione alle attività.

Una formazione molto utile e che mi ha aiutato molto durante il servizio è stata quella sull’ascolto attivo, che più volte ho provato a mettere in atto nella risoluzione di un conflitto tra due o più bambini. Quello che mi colpisce ogni giorno è l’innocenza di questi bambini, la loro semplicità anche un po’ ingenua a volte. Li vedo litigare, darsi anche due spintoni e dirsene di tutti i colori, per poi tornare a far pace in pochissimo tempo, senza riservare nessun tipo di rancore. È una cosa che secondo me dovremmo imparare noi adulti, a perdonare e a voler bene in modo incondizionato.

Credo che il mio servizio civile sia difesa della patria in quanto contribuisce all’educazione di futuri adulti che saranno i protagonisti del mondo tra qualche anno e dovranno prendere decisioni importanti per la nostra patria.

Rispetto all’inizio, ho sicuramente capito che l’insegnamento non è la strada che fa per me, ma prenderò questa esperienza come una “palestra per la pazienza”, di cui sento di avere tanto bisogno. D’altro canto, credo di aver cambiato molto il mio atteggiamento nei confronti dei bambini, con cui prima sentivo di non essere in grado di comunicare o semplicemente comportarmi. Mi sta sicuramente dando molti input su cui riflettere, ma ammetto che ci siano dei momenti anche molto difficili.

Un tema che mi vede coinvolta è il riconoscimento di un certo tipo di disabilità. All’interno della scuola, ci sono diversi bambini e ragazzi con un’evidente difficoltà di apprendimento o di comportamento che purtroppo non sempre è diagnosticata e certificata. Di conseguenza, questi bambini non possono essere affiancati da un insegnante di sostegno e quindi seguire un percorso didattico adeguato alle proprie necessità. Credo che spesso per i genitori sia difficile e delicato fare questo passo nella loro direzione, perché comporta dei sacrifici e delle conseguenze sia per loro che per i propri figli. Tuttavia, sono anche convinta che ne valga la pena, per permettere loro di stare al passo con i compagni di classe e progredire nel proprio percorso educativo.