Scritto e realizzato da Maria Bianca Broccoli, Sofia Lorenzi, Maria Veronica Burbassi e Giovanni Bucci, volontari in Servizio Civile a Forlì e Faenza nei progetti “2022 Ricordati di me” e “2022 Imparare a volare”
Nella casa per l’autonomia lascio spensieratezza e giocosità. Spero che si ricordino di me come un amicone! Da questa esperienza mi porto a casa una visione più completa della mia città, Faenza, la parte che non vedi tutti i giorni… quella dei servizi dedicati alle persone più fragili. Servizi portati avanti da persone, ognuno con le proprie storie che l’hanno portato a dedicarsi all’altro: chi educa, chi affianca, chi si occupa dei trasporti, chi fa percorsi di terapia, chi organizza le giornate, chi svolge attività di volontariato per fare esperienze arricchenti. Un pensiero va anche alle famiglie che si affidano a tutte le persone citate prima perché il futuro dei propri figli/parenti sia tutelato e ricco di emozioni.
Io di sicuro mi porto a casa l’immagine di persone adulte in gamba! Gli educatori, che mi hanno insegnato a livello professionale come affrontare certe situazioni, quando intervenire e quando fare un passo indietro, saper tenere la “giusta distanza” dagli utenti cosa che per me è stata fin da subito difficile dato il mio carattere estroverso e affettuoso. Ricordo i tanti volontari che lavorano sottotraccia in questa e tante altre associazioni, è chiaro che siano la vera forza.
Più di tutte porto nel cuore le persone con disabilità, che ho imparato a considerare con il rispetto e lo sguardo che si dà a qualsiasi adulto, siete e sarete miei grandi amici, sempre!
Giovanni Bucci
Mi trovo a scrivere queste parole con il cuore gonfio di gratitudine e nostalgia. La Casa dei Nonni di Forlì, dove ho svolto servizio, mi ha dato molto di più di quello che avrei potuto immaginarmi. In primo luogo, da quella casa che per me è diventata così importante, mi porto una nuova visione della realtà: ho capito che vivo circondata da tanti privilegi, negati a molti, e che c’è sempre bisogno di avere un occhio di riguardo per il prossimo, senza pensare sempre solo e unicamente al proprio piccolo e limitato universo. In secondo luogo, porto con me dei racconti di vita meravigliosi, le storie di tante persone segnate da gioie e dolori intensi, ma reali. Persone che hanno vissuto fino in fondo e che continuano ad amare la vita, nonostante la sorpresa e la novità della giovinezza siano svanite. Infine, porto con me tanti sorrisi ed abbracci sinceri, che mi hanno fatta sentire accolta e rispettata fin dal primo momento. Non ho mai dovuto dimostrare niente a nessuno, mi sono donata e basta cercando di far fiorire la parte più sincera e pura di me, e questo mi ha ripagato di un affetto che non avevo mai sentito prima.
E io, che cosa lascio? Sento di dover ancora imparare tanto del mondo e dell’umanità, ma spero di aver portato alla Casa dei Nonni la mia voglia di vivere, che sento sempre scorrere dentro di me come un fiume in piena; il mio entusiasmo per le cose semplici ma piene di poesia; il mio tentativo, seppur piccolo, di fare parte di quelle luci silenziose che lavorano instancabilmente contro le brutture del mondo, di cui tutti i giorni si sente parlare. Perché mi è molto cara una frase che la Beata Sandra Sabattini ha scritto nel suo diario: “Demolire, giorno per giorno, le mie comodità, il mio orgoglio, la mia insofferenza”.
Maria Bianca Broccoli
Casa famiglia dolce casa. È stato un anno intenso.
Per la mia storia personale il servizio civile è stata un’esperienza di rinascita: inizialmente ero io ad avere bisogno degli altri più che il contrario. La casa famiglia è un luogo che ho scoperto pian piano, che non conoscevo, dove però, dal primo momento in cui vi ho messo piede, mi sono sentita voluta bene, così, gratuitamente.
Entrando in questa nuova realtà ho potuto cambiare le mie prospettive perché relazionandomi con persone speciali ho imparato a cambiare i miei ritmi, i miei schemi, i miei modi un po’ bruschi. La figura del mio responsabile di casa famiglia è stata fondamentale in questo delicato processo, aiutandomi durante tutto il percorso per poter smussare i miei spigoli ed entrare sempre più in sintonia con i ragazzi.
Credo di aver respirato in casa famiglia un nuovo modo di vivere la disabilità, un approccio più concreto con questa realtà spesso ignorata o dimenticata, in un’ottica in cui ognuno viene considerato per la sua personalità, i suoi pregi e i suoi difetti, a prescindere dalle difficoltà certificate che possono esserci. Pensando all’anno trascorso, penso di aver condiviso con la casa famiglia momenti di allegria e spensieratezza, che ora porto con me insieme a nuove amicizie e una maggiore sensibilità.
Alla prima formazione a cui ho partecipato mi aveva colpito la frase di una volontaria dell’anno precedente: “Probabilmente sarà più un ricevere che un dare”. Vorrei concludere quindi ringraziando tutti, perché anche per me è stato lo stesso.
Maria Veronica Burbassi