Scritto da Agata Olivari, Casco Bianco in Servizio Civile a Santiago del Cile nel progetto “CASCHI BIANCHI CORPO CIVILE DI PACE – CILE 2024”
Rosa. Quando ho aperto gli occhi, poco prima dell’atterraggio, un’alba infuocata ha invaso il mio campo visivo. Non è stato un avvicinarsi graduale. Volare di notte, addormentarsi sulle Alpi e risvegliarsi sopra le Ande, mettere piede a terra nell’esatto capo opposto del mondo e percorrere in auto una superstrada affiancata da cartelloni pubblicitari qualunque, accanto a palazzi uguali a quelli della mia città, avvolti da una nebbia che ha la stessa parvenza di quella che mi ha avvolta per tutta una vita non ha concesso spazio di transito né al mio corpo né alla mia mente.
Mi sono sentita allo stesso tempo incredibilmente lontana e incredibilmente vicina a casa.
Verde. Il colore di casa mia qui, che poi è casa mia e basta. Lo è stata dal primo minuto. Con il suo disordine e il suo odore di paraffina, le sue gatte, le sue pareti in legno e il vociare di tutte le persone che accoglie, le sue porte sempre aperte eppure così capaci di assicurare un intimo senso di protezione.
Viola. Come le coperte della stanza che ho imparato a condividere, decorare e fare nostra con colei che presto è diventata la mia hermana menor. Coperte che mi hanno scaldata in questo freddo agosto invernale, che pare strano e invece è solo uno dei primi inequivocabili segnali che molto di ciò a cui sono abituata non è la norma, ma solo un punto di vista.
Nero. Come la notte e la paura, condizionata dai telegiornali, dai racconti e dalle raccomandazioni di chi in questo paese ci vive, si muove, si preoccupa.