Scritto da Giorgia Canestrari, volontaria del progetto di Servizio Civile Italia “2019 In rete con il futuro” presso il centro diurno il Mosaico di Terre Roveresche
Mi chiamo Giorgia, ho 24 anni e ho deciso di dedicare un anno della mia vita al Servizio Civile. Il motivo principale che mi ha spinto ad intraprendere questo percorso è stata principalmente la voglia di mettermi in gioco in una realtà per me tutta nuova. Dopo essermi laureata in Scienze dell’Educazione, all’università di Urbino, mi sono ritrovata con le spalle al muro, davanti al famoso dubbio amletico nel scegliere se proseguire subito gli studi o iniziare a far pratica nel mondo del lavoro. E proprio in quel momento ho realizzato che niente come un anno impiegato nel sociale avrebbe concretizzato ciò che finora avevo solamente letto nei libri.
Il mio progetto si chiama “2019 In rete con il futuro” e sto prestando servizio presso “Il Mosaico”, centro diurno educativo socio-riabilitativo, di Terre Roveresche, nella provincia di Pesaro Urbino. Il centro accoglie attualmente venti persone con disabilità fisiche e psichiche da grave a medio lieve; l’obiettivo della struttura è quello di favorire il mantenimento e lo sviluppo di autonomie, la creatività e le abilità cognitive e motorie, attraverso attività che quotidianamente vengono loro proposte. Devo ammettere che all’inizio di questa esperienza ero un po’ disorientata, mi sentivo inadeguata, la paura di non essere all’altezza di una realtà così complessa era tanta e a incrementare il tutto, ci ha pensato pure la pandemia, che dopo appena due settimane dal mio inizio, ci ha obbligati a chiudere tutto. Nonostante tutto questo però l’idea di voler mollare tutto non mi è mai passata per la mente, perché la voglia di voler fare del bene è stata più grande di ogni mia paura. Ad oggi posso dire che le mie ansie sono state rimpiazzate da altri stati d’animo e, se ora sento fiducia in me stessa e in quelle che sono le mie abilità e capacità, lo devo a tutti gli operatori che ogni giorno mi fanno sentire parte di quella “famiglia”, con la consapevolezza che si può sempre migliorare.
Spesso dall’esterno mi chiedono: “Ma perché stai così bene lì?” e la risposta è tutta qui… il primo giorno sono entrata con l’umile desiderio di voler far sorridere loro e ad oggi ho realizzato invece che sono loro a far sorridere me. Mi fanno sentire leggera, la diversità non mi spaventa, anzi, mi affascina e l’unica cosa che mi spaventa oggi è il pensiero di dover terminare questo percorso. Vorrei poter spiegare a parole quel senso di appagamento che si prova quando torni a casa, quelle dimostrazioni di affetto e dolcezza che solo il mondo della disabilità è capace di darti, quei sorrisi che non sarà di certo una mascherina ad impedirgli di brillare, ma ogni mio tentativo sarebbe inutile perché certe cose non si possono spiegare a parole ma vanno vissute, ed è proprio con questo messaggio che vorrei poter dire a tutti i giovani di scegliere questa strada, di scegliere di essere cittadini attivi, di non avere paura e buttarsi, perché quello che per noi potrebbe essere un piccolo gesto, per loro è invece grandissimo.
Il servizio civile è un percorso di crescita personale, inevitabilmente ti cambia e ne esci migliore e spero questo possa essere sufficiente per invogliare i futuri volontari. Il mondo della disabilità ha bisogno di voce, ha bisogno del nostro aiuto affinché possa essere valorizzato e non più essere visto con occhi diversi e spaventati perché il diverso non può e non deve farci paura, la diversità è ricchezza e quindi battetevi, battiamoci, “finché gli ultimi non saranno i primi”.